mercoledì 31 marzo 2010

STAND-BY FITTO: TONFI E TRIONFI DEL PRINCIPE DI MAGLIE - da www.lecceprima.it

Ancora caos intorno al ministro Fitto, che ieri ha rassegnato le proprie dimissioni: Berlusconi continua a prendere tempo, il Pdl si divide. La parabola politica di un uomo, tra trionfi e debacle
ROMA - Che le regionali pugliesi avessero un significato strategico e che il loro esito assumesse un valore simbolico per l’attenzione creatasi intorno al “fenomeno Vendola” era certamente un dato acquisito. Per questo, Raffaele Fitto, numero uno del Pdl in Puglia sapeva bene, alla vigilia della campagna elettorale che in gioco ci fosse molto di più di una semplice rivincita contro chi aveva rovesciato nel 2005 il suo dominio politico incontrastato in una regione storicamente feudo del centrodestra, che aveva dato i natali a politici come Aldo Moro e Pinuccio Tatarella. Per questo, forse, la notizia delle sue dimissioni da ministro del governo Berlusconi campeggiava come tema ricorrente e senza troppa sorpresa, sin dalle prime ore dopo la batosta che il fido Palese, suo scudiero fedele di numerose battaglie e fortemente voluto come candidato del centrodestra.

Anzi, chi ricorda le prime frenetiche ore della campagna elettorale, all’epoca della designazione di Palese, non può aver dimenticato i rumors che circolavano negli ambienti del centrodestra salentino e non solo: “Se perde, questa volta Raffaele rischia”. Lo sussurravano sottovoce in tanti, per paura di farsi sentire, trattenendo certe considerazioni nella pancia della politica, nel ventre dei partiti. C’era persino chi ipotizzava trame interne da finti fedeli soldati delle truppe del Pdl, stanchi di un certo cesarismo, di una scarsa partecipazione alle scelte importanti del partito e soprattutto di dover subire sempre e soltanto gli uomini indicati dall’ex governatore. Pronti per questo a punire una linea politica non condivisa, agendo da franchi tiratori. Erano i tempi dei dubbi berlusconiani su Palese e sulla “questione estetica”, tanto discussa: si dice che per convincere il Cavaliere a candidare il capogruppo uscente del Pdl regionale, lo stesso ministro avesse già messo sul tavolo del premier le proprie dimissioni. Poi la tregua, la designazione in fretta e furia, durante lo scrutinio delle primarie vendoliane, di Palese, condivisa dai consiglieri regionali ma a discapito del favore già espresso dallo stesso Berlusconi per Adriana Poli Bortone, peraltro colpita da una lettera per offuscarne l’immagine di possibile candidata agli occhi dei vertici nazionali.

Quella scelta, serrò i drappelli del Pdl, che, sempre rigorosamente sottovoce si suggerivano di prendere l’ennesima pillola, consci che o avesse vinto o avesse perso il centrodestra, il partito sarebbe stato in mano alla “protesi” del premier in Puglia. Eppure la debacle, in fondo, non tanto inattesa (se si pensa che in campo, come riferito da Michele Emiliano, c’era la “protesi della protesi”, nel senso che sarebbe stato difficile che la copia superasse l’originale), sembra aver cambiato il quadro: di colpo, le perplessità di Berlusconi su Palese sono riemerse, come se le indiscrezioni su quell’incontro a Palazzo Grazioli trovassero conferma diretta. E gli aneddoti sul politico “che spegne le luci” prima di andarsene via dagli uffici regionali, in un attimo, si sono volatilizzati nella realtà di un premier amareggiato, stizzito per un risultato che auspicava decisamente diverso. E potrebbe cambiare la storia del “Principe” di Maglie, atteso da un giudizio probabilmente collegiale sulla sua posizione.

Ma il Pdl continua a dividersi sull’opportunità di accogliere o meno le dimissioni di Fitto. Il senatore Giuseppe Ciarrapico, ad esempio, non usa giri di parole, invitando Berlusconi a non respingere l’atto del ministro, ma a confermare la destituzione: “Se finisse il granducato della Puglia con Fitto sarebbe una gran cosa – dichiara l’esponente del Pdl – e il presidente Berlusconi dovrebbe accettare le dimissioni di Fitto e fare a meno di un bambino poco cresciuto come lui”. Secondo Cairrapico, questa svolta dovrebbe inquadrarsi nell’ottica di un’organizzazione del partito più attenta ai meriti politici. Di tutt’altro avviso, Mario Valducci, che parla di “dimissioni inopportune”, spiegando che se in Puglia esiste il problema politico, la responsabilità “è della dirigenza politica del territorio”.

La vicenda politica di Fitto tra successi ed insuccessi

Per Fitto si parla, insomma, già della fine di un’epoca, ma la sua vicenda politica è sempre stata ricca di alti e bassi e l’età gioca dalla sua parte per permettergli di tentare un pronto riscatto. Del resto, figlio del politico democristiano Salvatore Fitto, presidente della Regione Puglia dal 1985 fino al 1988, anno della sua scomparsa per incidente stradale, il giovane Raffaele ha sempre masticato pane e politica, iniziando la sua carriera già a 21 anni, entrando in consiglio regionale, divenendo prestissimo vicepresidente della giunta di Salvatore Distaso, e successivamente il più giovane governatore italiano, nonché parlamentare europeo. Sarà per questo che la sua espressione e il suo capello mai scomposto incutono la sensazione di una figura schematizzata, un po’ algida, calcolatrice e distante.

Nel momento di maggior splendore della sua carriera, arriva l’inattesa sconfitta del 2005, alle regionali, con Nichi Vendola con uno scarto di 14mila voti, che segna il primo duro colpo della sua già ricca esperienza politica. Ma, dopo un anno di opposizione, arriva il salto nella Camera dei deputati e la nomina a responsabile di Forza Italia per l'Italia meridionale, come premio del grande capo, di cui ha spesso mutuato linguaggio, stile, in perfetta osservanza e devoto ossequio. Eppure i problemi non tardano ad arrivare, ma sul versante giudiziario, quando il 20 giugno 2006 la Procura di Bari chiede il suo arresto per l'accusa di illecito affidamento dell'appalto di gestione di undici residenze sanitarie di proprietà dell'imprenditore romano Giampaolo Angelucci (proprietario di numerose cliniche private): il parlamento non dà luogo a procedere.

Nel 2008, Fitto la riconferma alla Camera vale un posto da Ministro degli Affari Regionali, anche se in tanti non hanno ben compreso il valore concreto del suo dicastero: di certo, ha rappresentato l’ennesimo atto di stima ed affetto del premier, che lo ha visto sempre come una sua brillante creatura. Eppure, nonostante il prestigioso incarico, la sua immagine in Puglia, da tempo appare in discussione, e non solo per le inchieste che lo riguardano, ma soprattutto per l’esercizio della leadership sul territorio, dove i tumulti interni al centrodestra, dopo la batosta del 2005, non sembrano essersi placati mai: le provinciali del 2009 hanno attutito solo in parte le delusioni elettorali degli ultimi anni, visto che contemporaneamente la battaglia al comune di Bari, confermava in maniera schiacciante come sindaco Emiliano, regalando una nuova cocente sconfitta.

Le regionali 2010 dovevano essere l’occasione del riscatto a 360° gradi, ma l’ascendente su Berlusconi sembra essersi esaurito, all’indomani del doloroso tracollo pugliese e alla luce di uno scontro sulla candidatura di Palese, “partita male”. Che Fitto non fosse da tempo nelle grazie del premier, per tutta una serie di vicende e valutazioni complicate, non è una novità, nonostante l’ottimo responso alle europee; anche la manifestazione a Bari di qualche giorno fa non sembra aver soddisfatto Berlusconi, deluso poi dal responso delle urne pugliesi. E se per Palese si profila un futuro con un posto nel parlamento, a risarcimento dell’impegno profuso, per il ministro dimissionario è l’ora dell’attesa, per comprendere a che punto si trovi la sua parabola politica. Di certo, il monito berlusconiano, al termine del discernimento, sarà chiaro ed utile a comprendere che “non si muove foglia, che il Cavalier non voglia”.


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