La senatrice e leader «Io Sud» non entra a far parte del parlamentino pugliese (la legge prevede l’elezione solo del secondo arrivato, non del terzo), né vi entrano candidati della sua lista (che non ha superato la soglia di sbarramento del 4%). Ma l’aver portato in consiglio tre coalizioni, nessuna delle quali ha superato il 50% dei consensi, fa sì che non solo si ampli il numero degli eletti nell’opposizione ma che aumenti quello della maggioranza: oltre ai 13 consiglieri che, pur non avendo raccolto i consensi sufficienti a varcare la soglia, entrano come «premio» di governabilità da spalmare tra le liste a sostegno del presidente Vendola, scattano le quote ulteriori: ben 46 seggi vengono così assegnati al centrosinistra (il 47esimo è per il governatore Vendola), 26 alle liste del centrodestra (il 27esimo è per lo sfidante sconfitto, Palese) e 4, appunto, al terzo polo, l’Udc.
In pratica, Vendola si ritroverà - dopo l’inequivocabile bagno delle urne - con una maggioranza schiacciante, numericamente più forte di quella con cui ha governato negli ultimi cinque anni (con l’Udc schierata, almeno sulla carta, col centrodestra) dalla quale aveva già attinto per la composizione del governo.
Non è l’unica novità che si prospetta per l’organo legislativo della Puglia. Cambiano gli equilibri politici e spariscono le «bandierine» che avevano consentito sino all’ultima seduta del consiglio la sopravvivenza di gruppi ormai inesistenti sul piano locale e nazionale. Il Pd e il Pdl, esattamente come in Parlamento, sono i due partiti più forti (23 consiglieri il primo, 20 il secondo), ma si affaccia in consiglio (come gruppo fu costituito nell’ultima fase di legislatura dai sostenitori di Nichi ancora iscritti ai gruppi Pdci, Prc e Sd) una creatura decisamente pesante: Sinistra Ecologia e Libertà. Il movimento di Vendola diventa terzo partito del parlamentino, con 11 consiglieri regionali a supporto del governatore.
Si affaccia, quindi, la lista del presidente («Puglia per Vendola») che ottiene 6 seggi, mentre quella del perdente («i pugliesi per Palese») con appena 2 seggi non potrà costituirsi in gruppo (ce ne vogliono almeno 3). Probabile che i due eletti confluiscano o nel Pdl o ad ingrossare i 4 seggi della Puglia prima di tutto.
Nel centrosinistra, poi, si ingrossa il gruppo dei dipietristi: l’Idv, sparito dai banchi del consiglio già da anni (con il passaggio dell’unico eletto del 2005, Vito Bonasora, nel Pd) e riesumato nell’ultima fase di legislatura con il passaggio dal Pd all’Idv di Giacomo Olivieri, potrà contare su 6 seggi. In tutto, dunque, saranno presenti solo 7 gruppi consiliari (4 per la maggioranza, 2 per il centrodestra e 1 per i centristi) a fronte dei 20 gruppi con cui era nata la legislatura 2005. La succesiva riduzione a 16 (con la nascita prima del Pd e poi di Sel) non aveva impedito la sopravvivenza numerica di liste (dalla Primavera pugliese ai Socialisti autonomisti) ormai esistenti solo sulla carta, onde consentire la conservazione del gruppo e dei benefit (dal ruolo di capogruppo al personale addetto) connessi.
ADDII ECCELLENTI E 42 VOLTI NUOVI
Non ce l’hanno fatta due ex assessori della giunta Vendola, il Verde Mimmo Lomelo (che sperava nella vittoria della sua federazione della sinistra contro lo scoglio dello sbarramento al 4%) e il comunista Marco Barbieri, rimasto al fianco di Nichi nella sua Sinistra Ecologia e Libertà anche dopo la «cacciata» dalla giunta del 5 luglio 2009. Ce l’ha fatta, invece, ma col ripescaggio un altro ex assessore, Enzo Russo. Non ce l’hanno fatta «campioni» del Pdl, come il barese Tommy Attanasio (praticamente una vita tra consigli comunali, provinciali e regionali) e il foggiano Roberto Ruocco, battuto nella sua provincia dal neofita Leonardo Di Gioia. E poi, giù dalla torre del centrosi nistra l’ex presidente della Provincia di Bari Enzo Divella, che sentitosi abbandonato dal Pd aveva tentato di risorgere dalla polvere la sciatagli da Schittulli nella lista dei moderati voluta da Vendola.
E via dai banchi di via Capruzzi, fre quentati come esterna nell’ultima fase della legislatura, anche l’assessore regionale Verde Magda Terrevoli. L’elenco degli sconfitti eccellenti, in questa tornata elettorale, è lungo almeno quanto quello delle new entry. Che non sono poche: 42 su 78 seggi assegnati nell’assise pugliese. Tra loro c’è il segretario del Pd della Bat Ruggero Mennea, sostenuto da Emiliano almeno quanto lo è stato l’assessore comunale ai Trasporti di Bari Antonio Decaro.
C’è il pm in aspettativa Lorenzo Nicastro, for temente voluto da Di Pietro e De Magistris nelle fila dell’Idv, e An gelo Disabato, a capo di quelle Coop di servizi sanitari che non solo non se la sono presa con Nichi quando ha internalizzato quelle attività nelle Asl, ma si sono candidati con lui. C’è, sempre nel centrosinistra, il segretario del Pd regionale Sergio Blasi e quell’ex segretario Ds, Michele Mazzarano, che pure aveva annunciato di volersi ritirare dalla corsa. Ce l’hanno fatta, il primo in barba ai candidati sponsorizzati da Frisullo nel Leccese (Rotundo), il secondo bypassando il consigliere uscente Costantino.
Vittime eccellenti anche nell’Udc, che pure ha tenuto nel numero dei seggi (4) candidando la senatrice Poli Bortone. L’ex europarlamentare Pdl Marcello Vernola si è visto sorpassare nel barese, con uno scarto di circa diecimila voti, dall’imprenditore Peppino Longo, ma re sta fuori dagli scranni di via Capruzzi anche l’uscente vicecapo gruppo Carlo Laurora, transitato nel partito di Casini dopo la militanza nel Pdl. Con Palese di aveva provato pure Fabrizio D’Addario, inventore dello slogan «non sono una escort» che pure aveva colpito molti baresi, mentre ne, Tarantino un cognome pesante (Mario Cito, figlio dell’ex sindaco Giancarlo) re sta fuori dal parlamentino.
E non ce l’ha fatta, con la lista della Poli Bortone, l’ex parlamentare brindisino dell’Udc Cosimo Mele, noto alle cronache per il caso di escort e coca a Roma. La notorietà ha potuto far poco anche per il giornali sta-scrittore Raffaele Nigro (capo lista a Bari per il partito di Vendola) e il giornalista sportivo Michele Salomone (Idv). Ma a riprova che anche la lunga esperienza politica può giocare brutti scherzi alle urne, resta fuori dal Consiglio Giovanni Copertino e (Pdl), ex presidente della giunta e anche del con siglio, dopo ben quattro legislature.
E, sempre per il Pdl, entra invece in consiglio Antonio Barba, nipote dell’ex patron del Gallipoli e se natore Vincenzo Barba. Torna in Consiglio per la Puglia Prima di tutto Salvatore Greco, ex deputato Udc e indagato a Bari insieme a Gianpaolo Tarantini in una delle inchieste sul presunto intreccio po litico affaristico nella sanità pu gliese. E si affaccia l’ex portaborse del senatore Quagliariello, Domi Lanzillotta, insieme al presidente del Parco del Gargano Giandiego Gatta. Ma, per la prima volta, si affacciano in consiglio anche diversi imprenditori: oltre Longo, ci sarà Gerardo Degennaro (Pd) e, con Palese sui banchi dell’opposizione, il patron di Villa Menelao Michele Boccardi.
di BEPI MARTELLOTTA
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