Il governatore vuole come presidente del consiglio regionale Onofrio Introna di SeL, ma il Pd prova a far saltare il banco, non pienamente appagato dalle scelte della giunta, proponendo ManiglioBARI - È lotta di nervi in regione nella trattativa per la designazione del presidente del consiglio nel secondo governo Vendola. Dopo la composizione della giunta, che ha evidentemente scontentato il Pd, non tanto nella presenza numerica di assessorati, ma nella scelta delle figure, tutte molto vicine al governatore, il partito di Bersani medita una sorta di vendetta, sabotando la proposta di Onofrio Introna quale presidente dell’assise regionale, per sostituirlo con il leccese, Antonio Maniglio.
Un braccio di ferro, che sembra connotare in queste ore il Pd quale un vero e proprio partito delle rivendicazioni, come se la storia passata e recente, scritta tra lo scorso settembre e fine marzo, avesse altri contorni ed altri scenari. Il Pd è sempre il partito che cercò di silurare Vendola lo scorso autunno, impuntandosi fino all’ostinazione per scongiurare l’avvento delle primarie, ossia una delle realtà costitutive dello stesso partito, sancite nello statuto.
La sconfessione della strategia del Pd alle primarie è stata a dir poco eclatante, con l’affermazione dirompente di Vendola: una linea politica sconfitta dovrebbe indurre alla riflessione, a comprendere le ragioni di una distanza tra quello che la classe dirigente ha maturato e quello che la base ha scelto. E così, tra mugugni e mal di pancia, il Pd si è accodato al “fenomeno” Nichi, consapevole che il governatore uscente avesse una forza probabilmente sottovalutata. La netta vittoria alle urne del 28 e 29 marzo ha segnato all’interno della coalizione (sebbene il Pd, pur perdendo molti consensi, abbia comunque fornito il suo contributo al risultato finale) una rottura simbolica sul peso specifico dei partiti, evidenziando i meriti indiscutibili dello stesso Vendola, che da solo ha sbancato il milione di preferenze.
Dinanzi all’ennesimo responso che sconfessa la linea dell’asse con l’Udc e che, alla luce dei fatti, probabilmente se andata in porto avrebbe definitivamente abbattuto il progetto del laboratorio pugliese, il Pd, invece che praticare la strada dell’umiltà, per comprendere dove si è rotto il feeling con il proprio elettorato, è tornato ad appassionarsi alla spartizione delle poltrone. Sia ben chiaro che non è l’unico partito a farlo né che sia una storia originale, visto che da sempre le poltrone e i posti in prima fila fanno gola a tutti. Semmai stupisce la foga con cui oggi, il partito rivendichi posti come se misteriosamente bistrattato da Vendola. I fatti hanno consegnato al Pd sei assessorati, quanti ne chiedeva; in questi mesi, il partito ha rivendicato il buon amministrare dei suoi elementi, praticamente riconfermati quasi tutti, in virtù dei loro meriti. E allora di cosa si lagna il Pd? Del fatto che chi compone la giunta è troppo vicino al presidente? Ma il rapporto fiduciale non dovrebbe rappresentare una garanzia per un governo unito?
I mal di pancia esistono e la dimostrazione più eloquente è il tentativo del Pd di far saltare il banco della presidenza del consiglio regionale, dove si cerca di collocare Maniglio (a lungo proposto come vicepresidente al posto dell’altro illustre escluso, il segretario regionale, Sergio Blasi) ai danni di Introna di SeL. Addirittura per capovolgere i piani di Vendola e riprendersi una piccola rivincita, il Pd starebbe cercando accordi con il Pdl. Mario Loizzo, assessore uscente, è l’uomo della mediazione, ma al momento non ha trovato la quadratura del cerchio.
Secondo Vendola, ci sarebbe un accordo con la delegazione del Pd sul nome di Introna, mentre il partito di Blasi afferma di non aver mai sottoscritto alcun patto in tal senso. L’appello al buon senso dovrebbe essere la chiave di volta: il Pd ha ottenuto sei assessorati e la vicepresidenza, la presidenza del consiglio sproporzionerebbe i rapporti con le altre forze politiche di maggioranza. Gli altri al momento stanno a guardare, in attesa che, nell’intensa partita a scacchi, qualcuno faccia la prima mossa.
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